R. Meynet, Comment? Les Lamentations de Jérémie, RBSem 34, Peeters, Leuven 2021 ( 195 p.)
Nel luglio del 587 a.C., l’uragano Nabucodonosor travolse Israele, lasciando dietro di lui soltanto morte. Tutto quello che costituisce una nazione viene distrutto, fino alle fondamenta: istituzioni economiche, politiche, militari e religiose. Il paese è devastato e l’élite viene deportata a Babilonia, il re Sedecia viene catturato, gli vengono cavati gli occhi, l’esercito viene distrutto, le mura vengono rase al suolo, il tempio viene saccheggiato e bruciato insieme a tutta la città di Gerusalemme. Il libro inizia con un “Come?”, ripreso all’inizio di tre dei suoi cinque poemi. Come è potuto accadere un tale disastro? Come ha fatto Dio a permetterlo e persino a causarlo?
Solo un’istituzione sopravvive, ed è su questa che sono costruite le Lamentazioni: la lingua con il suo alfabeto di ventidue lettere. L’acrostico alfabetico segna i primi quattro poemi: ogni unità, verso o gruppo di versi, inizia con una lettera dell’alfabeto, da Aleph a Taw, da Alpha a Omega, diremmo: dalla A alla Z. Tutto, anche la sventura e il lamento necessitano di essere organizzati, in un ordine che è sempre stato stabilito e che il nemico non può distruggere.
Al centro del libro, la terza lamentazione è il vertice. È segnata da una triplicazione dell’acrostico. Soprattutto, il centro di questo centro è l’occhio del ciclone, quel breve tempo di silenzio e di acquiescenza dove si ascolta l’oracolo della salvezza. Dopo di che, gli ultimi due poemi sono più brevi e, nell’ultimo, l’acrostico alfabetico scompare, come se non avesse più ragione di esistere. Il dolore è forte come sempre, ma la promessa di vita è stata ascoltata.